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Roberta Sava

Psicologa e Psicoterapeuta

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La bolla narcisistica

Nel lavoro terapeutico con le vittime da abuso narcisistico, gli operatori si ritrovano spesso di fronte ad una realtà che appare sconcertante: nonostante l’evidenza del comportamento abusante subito, l’abbandono, il tradimento, la manipolazione, l’indifferenza alle sofferenze procurate, messi in atto dal soggetto narcisista, la vittima continua a rimpiangere il partner idealizzato. Come se la vittima non fosse capace di decodificare correttamente la realtà oggettiva della sua relazione.


Questo fenomeno è molto evidente quando si ha avuto a che fare con quello che ho definito “narciso quotidiano” (vedi articolo), con quella tipologia di narcisista cioè, che instaura una relazione di lunga durata, che è padre, marito (o moglie), con il quale si è comprato casa, fatto le vacanze al mare ogni anno, messo al mondo figli, costruito una vita.


Come abbiamo già visto, il narciso conquista il partner attraverso un intenso quanto repentino gioco di seduzione. Spesso è travolgente e romantico, l’uomo ideale e idealizzato dalla futura vittima. Si comporta in modo splendido. Gli amici, i vicini, i familiari della donna che il narciso sta corteggiando, ne sono conquistati. E se qualche volta nel suo comportamento c’è una nota stonata, questa tende sempre ad essere giustificata o addirittura dimenticata.


Con il trascorrere degli anni il narciso quotidiano continua la sua recita. Certo, adesso capita più spesso che abbia delle intemperanze, che ogni tanto scoppi in rabbie fulminee e ingiustificate, che mostri di non capire certi particolari stati d’animo del partner o dei figli. Ma sono momenti. Se si fa come dice lui, tutto fila liscio. Con gli amici e i familiari il narciso quotidiano mostra di essere un uomo meraviglioso. Si offre spontaneamente di aiutare il suocero a disbrigare una noiosa pratica, oppure aiuta i cognati a fare un faticoso trasloco. Mette a disposizione la sua auto, le sue conoscenze o attitudini. Si mostra generoso e affabile. E la partner è orgogliosa di lui. Anzi è orgogliosa di apparire come la donna fortunata e speciale, scelta da un uomo splendido come quello. Questa è la COLLUSIONE.


Colludere vuol dire che, a livello inconsapevole, istanze opposte da parte di due soggetti, coincidono e confluiscono in un interesse comune. È complicità, ma inconsapevole.


La donna ha bisogno di sentirsi speciale, (in quanto amata da un uomo così) e il narciso ha bisogno di sentirsi speciale agli occhi degli altri. Una perfetta “associazione a delinquere”.


Si è creata la bolla narcisistica. Dentro a questa bolla si vive la perfetta illusione di un rapporto perfetto. Per spiegare meglio questa particolare dinamica faccio un esempio, tratto dalle storie raccontate dalle mie pazienti.


Immaginiamo che la coppia, con i figli di 8 e 10 anni, sta organizzando una settimana bianca insieme ad altre coppie. Bisogna preparare l’auto con le catene a bordo, la sistemazione alberghiera, le valigie. Durante la fase preparatoria il narciso si trasforma in un despota: tutto deve essere perfetto; solo lui è in grado di fare le cose nel modo corretto, quindi pretende di controllare ogni dettaglio. Telefona ripetutamente all’albergo per verificare la sistemazione della camera. Oppure si arrabbia con il meccanico a cui ha chiesto di mettere l’antigelo. Si attacca ad ogni dettaglio, pur affermando di essere felice del viaggio. Arrivati al momento della partenza, costringe la moglie a fare le valigie sotto la sua supervisione, controllando e criticando la scelta degli indumenti da portare. Persino il modo in cui i vestiti sono piegati e messi in valigia non va bene. La donna è costretta a tirare fuori tutto e a sistemarli di nuovo mentre il marito narciso borbotta che lei non è decisamente buona a fare niente e meno male che c’è lui se no chissà che stupidate lei avrebbe commesso. Finalmente si parte. L’uomo è nervoso e continua a borbottare o decisamente litiga con la moglie lamentandosi per un dettaglio insignificante che a suo dire lei non ha eseguito bene. Poi si arriva all’appuntamento con le coppie di amici, il viaggio inizia. E da quel momento lui si trasforma repentinamente nell’uomo perfetto. Sorride, è gioviale e scherzoso. Affettuoso, disponibile, contento. L’atmosfera si trasforma di colpo. Coccola moglie e figli, si prodiga durante tutta la settimana di vacanza. Accompagna i figli alla lezione di sci, assumendosi tutte le piccole incombenze come allacciare gli scarponi ai bambini, caricarsi gli sci, fare le foto ricordo. Abbraccia la moglie, la corteggia, la circonda di mille attenzioni. La sera a tavola con la comitiva è simpatico, spiritoso, l’anima della tavolata. E via di seguito per una intera settimana. La donna è felice. Il suo uomo ideale è lì e lei ne gode ogni momento. Tutto quello che c’è stato prima del viaggio: le sfuriate superflue, gli attacchi immotivati al suo operare, il clima di tensione che ha preceduto la partenza, tutto è dimenticato, per salvare l’illusione che si sta sperimentando dentro la bolla.


Quando si rientra a casa, tutto ritorna come prima. La donna adesso ha un ricordo nuovo a cui attaccarsi quando la prossima intemperanza del marito si manifesterà. Quando per esempio, il marito la criticherà aspramente perché si è tagliata i capelli o ha chiesto alla collaboratrice domestica di fare un’ora in più quella settimana, o ha buttato un paio di vecchie scarpe del marito che non usava da almeno cinque anni, tutto senza comunicarglielo prima. Lei vive male tutto questo, ma preferisce pensare che suo marito è quell’uomo splendido con cui ha condiviso la vacanza. Del resto l’uomo splendido di nuovo appare la sera in cui sono invitati a casa di amici, o la domenica che passano dai genitori di lei insieme a tutta la famiglia per festeggiare un compleanno. L’uomo splendido si manifesta durante i colloqui con le maestre dei figli, in cui lui la loda apertamente per come segue i bambini a casa durante i compiti. E pazienza se dieci minuti prima di uscire di casa lui si è infuriato perché lei non ha fatto il pieno alla macchina, urlandole in faccia che è una facilona buona a niente.


Le lunghe relazioni con i narcisi quotidiani sono costellate di bolle narcisistiche. Direi anzi che queste ultime sono parte indispensabile e fondante della relazione. Contribuiscono in modo sostanziale a mantenere la relazione attraverso la collusione.


Cosa succede quando la bolla scoppia
Abbiamo visto che ad un certo punto la relazione con il narciso quotidiano inizia a deteriorarsi. Questo avviene perché è sopraggiunto un evento improvviso (una malattia di uno dei due partner, un licenziamento, un trasferimento, un lutto), oppure perché la partner inizia a volere qualcosa di più. Inizia cioè ad accorgersi di essere sola, di non essere capita dal marito, di non aver mai instaurato un dialogo intimo con lui. I litigi aumentano. Lei fa pressioni affinché il marito si comporti come quell’uomo splendido che lei ha visto tante volte apparire. Le bolle narcisistiche sono sempre più distanziate nel tempo. Lui non è in grado di continuare la recita per così tanto tempo. Forse perché è invecchiato, è stanco, non ha risorse psicologiche, né strumenti, né flessibilità per adattarsi ai cambiamenti che la vita impone. Forse perché la moglie non lo guarda più con gli occhi adoranti e anzi mette in luce tutti i suoi limiti. I motivi sono molteplici. La coppia entra in crisi. Le bolle sono scoppiate.
A questo punto generalmente il narciso getta la maschera. Da la colpa di ogni cosa alla moglie, al lavoro, al governo a chiunque eccetto lui. Si giustifica e attacca. E poi si trova da qualche altra parte il rifornimento narcisistico che gli occorre. Il lavoro è sempre una fonte di gratificazione, un’altra donna, magari una nuova collega da poco entrata in ufficio, un hobby che all’improvviso diviene passione. La crisi è insanabile. Fino a che la coppia si separa.


Cosa accade dopo la rottura
Ormai la donna è sola. Magari si è rivolta ad uno psicoterapeuta, ha letto libri o blog. Ha chiesto aiuto ad amiche o familiari. La sua vita negli ultimi mesi o anni era divenuta un inferno. Aveva scoperto persino un tradimento. Tutti le dicono che ha fatto bene a lasciarlo, oppure che è stata fortunata ad essere lasciata da un uomo così. Qualsiasi ragionamento, pur valido ed ineccepibile, non riesce a consolarla. Perché?


La ragione va vista nella difficoltà della donna a rinunciare all’illusione vissuta dentro le bolle che hanno costellato la sua lunga relazione con il narciso quotidiano.


Capire di aver vissuto con un uomo che ha sempre recitato un copione e soprattutto accettarlo, significa ammettere con se stesse di non essere state in grado di discernere la verità dall’illusione. Questo comporterebbe infatti una revisione critica di tutta la propria vita: se ho sbagliato in modo così macroscopico nel giudicare un uomo che mi ha vissuto al fianco per tanti anni, chissà quali altri errori di valutazione ho fatto. Questo è il pensiero ricorrente e da l’avvio ad una vera e propria crisi di identità.


Avviene allora una vera e propria dissociazione cognitiva. La donna cioè vive contemporaneamente due realtà distinte: da una parte continua a permanere il senso dell’identità di sé, costruito negli anni, dall’altra sta nascendo una nuova se stessa dai confini ancora nebulosi. Una parte di sé piange disperata perché rivuole indietro la se stessa amata e speciale che sperimentava dentro la bolla, ed un’altra parte di sé respira per la prima volta libera dalla continua tensione, dal dolore e dallo stress provocati dal partner.


Questa fase dissociativa ha durata variabile. Dipende infatti da quanto forte sia stata l’identificazione con l’idea di sé sperimentata dentro la bolla, da quali altre realtà più sane la donna abbia potuto costruire (per esempio una buona identità professionale o amicale) e da quanto abbia saputo proteggerle negli anni dagli attacchi del partner narciso. Ma anche da quanto supporto emotivo e anche e soprattutto psicologico riesce a ricevere.


Il primo segnale di guarigione è dato dal vissuto di lutto. Quando cioè la donna accetta finalmente di lasciar andare l’immagine di sé idealizzata, quando lascia l’immagine della donna amata da un uomo speciale, quando abbandona definitivamente l’illusione della coppia perfetta. Quando cioè, inizia a piangere “la morte” del marito idealizzato e come una vedova accetta di essere sola. Il dolore del lutto risana piano piano la dissociazione cognitiva e ricompatta l’immagine scissa di sé, costruendo nuovi parametri. All’inizio questi saranno legati al senso di vittima, di dolore e di rabbia, ma, essendo queste emozioni, pervasive, eliminano il dualismo interiore. In altre parole il vecchio sé ed il nuovo che sta sorgendo, provano il medesimo dolore e rabbia.


Altrettanto importante è il lavoro terapeutico di presa di coscienza dei propri bisogni profondi e antichi, che hanno spinto la donna a colludere per anni con un narciso, così come la conoscenza approfondita della patologia narcisistica stessa e della complementarietà patologica dei partner.


Ci vuole tempo e pazienza ma si può guarire. Una nuova sé stessa emerge piano piano dalle ceneri della vecchia. Più forte perché più consapevole. La vita può proseguire, a patto che si rinunci per sempre a cercare una nuova bolla narcistica.

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