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Roberta Galimberti

Psicologa e Psicoterapeuta

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La solitudine incatenata

IL RAPPORTO CON IL NARCISO È UN RAPPORTO A UNO

Premesso che per entrare in una relazione vera e propria ci vogliono due individui separati con un’identità definita che interagiscono e nel caso di chi è affetto da questo disturbo non siamo di fronte a qualcuno che ha un SE definito (bensì un SE FRAMMENTATO), chi intraprende un rapporto con un soggetto con disturbo narcisistico della personalità (DPN) ha l’illusione di stare in una relazione, in realtà non è così: i meccanismi sono massicciamente proiettivi e simbiotici da creare una sorta di indifferenziazione, di UNO. Per rendere l’idea è come se l’identità della persona venga assorbita dal Narciso che poi la riflette all’altro.

Ciò lo deduco dalle sensazioni e dalle percezioni che portano la maggior parte dei pazienti che mi riferiscono dopo la fine del rapporto DI NON AVER VISSUTO

“… è come se lui non ci fosse mai stato, Dottoressa, come se non abbia vissuto niente con lui, eppure parliamo di anni di vita coniugale… tutto è evanescente, rarefatto, non riesco ad avere ricordi nitidi, ricordi della sua fisicità, del suo esserci partecipativo… lui non c’è dentro di me se non sotto forma di pensiero ossessivo, non esiste, ma ho il dubbio che forse non sia neppure nemmeno mai esistito, da quando non viviamo più insieme è come se non ci sia mai stato se non per un’atmosfera greve che c’è in casa!”

Sì, perché siamo noi che lo abbiamo creato! Siamo noi che lo abbiamo ANIMATO, siamo noi che lo abbiamo reso un essere umano!

Ciò che sto affermando è terribile perché è come se si abbia a che fare con qualcuno che sta nella “terra degli scomparsi”: il Narciso non può morire perché non c’è mai stato e noi così non possiamo nemmeno fargli il funerale!

La difficoltà sta proprio nell’avvio del processo di elaborazione del lutto, della perdita che è sicuramente più lenta e difficile, proprio per l’evanescenza e la difficoltà del ricordo.

Il N. ci fa provare emozioni forti, ma non c’è costruzione, continuità di SE, bensì frammentarietà; chiudere questo capitolo può diventare un’impresa impari, perché bisogna dare un senso all’incongruo, al fumoso, all’irreale (mi riferisco al lavaggio del cervello, alle manipolazioni, al gaslighting); bisogna anche combattere con la dissonanza cognitiva che riporta al positivo vissuto, senza guardare al distruttivo.

Unica realtà è LA SOFFERENZA CHE I NARCISI FANNO PROVARE, la continua tensione, la confusione e la colpa per essere sempre inadeguati o mai abbastanza ; unica cosa è La DISTRUZIONE DI NOI , le macerie di un SE che esposto ed è risultato oggetto di annientamento per anni. Sì perché chi è complementare un’identità ce l’ha ma rischia l’alienazione e l’autodistruzione.

Quindi, cosa fare per elaborare la fine di questo rapporto? Da dove partire?

BISOGNA PARTIRE DAL DOLORE CHE SI PROVA, il dolore di chi è stato abusato e non vuole più soffrire. Sarà il ricordo dei dolori, delle sofferenze che aiuteranno chi ha subito a dire basta! Anche se il N. non c’è mai stato IL DOLORE CHE HA PROVOCATO È VERO!

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